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Mentre in Bulgaria si segnalano i primi casi, il governo Borisov reagisce con un approccio morbido. Forti preoccupazioni sulla capacità del sistema sanitario bulgaro di reggere all'impatto del Covid-19, soprattutto se la situazione dovesse deteriorarsi in fretta

11/03/2020 -  Francesco Martino Sofia

"Tra dieci giorni i casi accertati saranno parecchi di più, tra un mese molti, molti di più. Ci stiamo preparando, е il coronavirus rappresentеrà un vero e proprio 'stress test' per il nostro sistema sanitario, mostrandoci quanto siamo realmente pronti ad affrontare sfide di questo genere”.

Con queste parole il professor Atanas Mangarov, direttore della pediatria dell'ospedale per le malattie infettive di Sofia, ha commentato alla radio nazionale bulgara (BNR) i primi quattro casi di coronavirus in Bulgaria, accertati domenica scorsa nelle città di Pleven e Gabrovo.

La notizia non è stata certo una sorpresa: mentre si moltiplicava il numero dei paesi della regione ad annunciare l'arrivo del virus "Covid-19", la Bulgaria restava uno dei pochi senza casi accertati. Tutti però erano consapevoli degli stretti legami del paese con l'Italia e con la Grecia, con un forte flusso di persone in entrata e in uscita da questi paesi.

L'individuazione tardiva dei primi ammalati - che non hanno viaggiato recentemente in zone dove era già presente il virus - con tutta probabilità indica che il numero dei casi di contagio avvenuti, ma non accertati in Bulgaria è probabilmente già significativo.

“Con tutta probabilità in Bulgaria abbiamo persone infette, ma non diagnosticate”, ha aggiunto il professor Mangarov. “Rispetto al nostro 'paziente zero', poi, non credo che verrà mai individuato, perché con tutta probabilità non si tratta di una persona sola, ma di parecchie”.

Le voci e le speculazioni sul possibile o sui possibili “pazienti zero”, però, sono circolate insistentemente. Il premier Boyko Borisov ha fatto riferimento esplicito ad una “pista greca”, per l'arrivo del Covid-19 in Bulgaria, in seguito smentita. Altri hanno puntato il dito contro lavoratori italiani attualmente impegnati nella costruzione del gasdotto “Balkan Stream” nell'area di Pleven, anche se non si è arrivati a nessuna prova concreta a riguardo.

Le misure del governo

Subito dopo l'accertamento dei primi casi, domenica mattina Borisov ha convocato d'urgenza il Consiglio dei ministri, trasmesso in diretta televisiva. Durante la riunione, col suo tradizionale atteggiamento assertivo, Borisov ha tentato di tranquillizzare gli animi e ha fatto appello all'autodisciplina dei cittadini bulgari.

“Chiuderemo l'accesso alle città [interessate dal coronavirus] solo come misura estrema. Non vogliamo creare panico, ma usare il metodo della ragionevolezza”, ha dichiarato Borisov. “È vero, ci sono paesi che hanno introdotto misure drastiche, come l'Italia, ma altri ne stanno applicando di molto più blande, come Germania e Belgio”, ha aggiunto Borisov.

Per affrontare la situazione, è stato creato un consiglio d'emergenza, con a capo il general-maggiore Ventsislav Mutafchiyski, direttore dell'Accademia medica militare. Tra le misure immediatamente adottate, lo stop a tutti gli eventi culturali al chiuso, cinema compresi, la decisione di tenere tutti gli eventi sportivi senza pubblico, il divieto di organizzare eventi di massa con partecipazione di minori, cosi come di effettuare gite scolastiche, viaggi ed escursioni.

Borisov ha annunciato l'acquisto di 50mila mascherine e tute protettive dalla vicina Turchia, che sono state consegnate stamattina. Per il primo ministro, il paese ha poi a disposizione tessuto medico che basterebbe alla produzione di tre milioni di mascherine. Negoziati con le ditte locali in grado di realizzarle sono stati intavolati subito, ma secondo il ministro della Salute Kiril Ananiev, per dare vita all'effettiva produzione “saranno necessari alcuni mesi”.

Ieri il consiglio d'emergenza ha annunciato che presenterà le linee guida delle misure da intraprendere, che saranno con tutta probabilità diverse tra le zone già interessate da casi conclamati di Covid-19 e quelle senza focolai individuati.

In generale, l'orientamento è ancora quello di una linea morbida:nelle aree meno colpite teatri e cinema potrebbero riaprire, distanziando però gli spettatori in sala, mentre le istituzioni pubbliche continueranno a restare aperte. I tribunali, intanto, hanno annunciato che tutti i processi che richiedono la presenza in aula di parti in causa, avvocati e testimoni, saranno rimandati di un mese.

Il sistema riuscirà a sostenere lo “stress test”?

Secondo un approfondimento pubblicato sulla versione bulgara di Deutsche Welle, in tutta la Bulgaria attualmente sarebbero presenti circa 800 posti letto nei reparti di malattie infettive. In alcuni ospedali chiave, come l'Accademia medica militare e nell'Ospedale malattie infettive di Sofia, le capacità sarebbero però già esaurite o quasi.

Alcuni giorni fa Angel Kunchev, ispettore capo sanitario a livello nazionale, ha ammesso durante un'intervista televisiva che il problema più serio in caso di un'epidemia estesa in Bulgaria sarà “la mancanza di medici, ancor più che strutture ospedaliere e posti letto”.

Da anni i media locali raccontano della forte emorragia di personale medico e paramedico, che cerca all'estero condizioni lavorative e prospettive di vita che la Bulgaria non riesce ad offrire agli specialisti del settore. Secondo i dati dell'Unione medici bulgara, nel periodo 2015-2018 ben 1692 dottori hanno abbandonato il paese. Negli ultimi dieci anni, a detta dei sindacati di categoria, sarebbero quasi 30mila gli infermieri ad aver fatto la scelta dell'emigrazione.

Il ministro Ananiev ha parlato di un piano d'emergenza con cui si prevede di convogliare su malattie infettive e rianimazione medici e specialisti di altri reparti, di coinvolgere dottori di ospedali e cliniche privati e, in caso estremo, di richiamare in servizio medici e infermieri in pensione.

I dubbi su una reale tenuta del sistema nel caso di epidemia, però, restano tutti. I primi momenti di tensione si sono avuti ieri nell'ospedale per le malattie respiratorie “Sveta Anna” di Sofia, dove medici e infermieri hanno minacciato di licenziarsi in massa a causa della mancanza di mascherine e abbigliamento protettivo adatto, protesta in parte rientrata dopo che la direzione dell'ospedale ha fornito i materiali richiesti, che però potrebbero non durare a lungo.

La vita continua, almeno per il momento

Nonostante le notizie tutt'altro che rassicuranti che arrivano dall'Italia, la Bulgaria spera ancora di venir risparmiata dalle conseguenze più pesanti dell'epidemia di Covid-19. Se i cinema e i teatri hanno chiuso, i centri commerciali, le case da gioco, i ristoranti e i caffè continuano a restare aperti come prima.

Al tempo stesso, il premier Borisov ha chiesto che le scuole vengano riaperte a partire da domani (sono attualmente chiuse a causa di una seconda ondata di influenza), perché “altrimenti i genitori non possono andare a lavorare”. Sui media main-stream, come Nova Tv, uno dei principali network privati in Bulgaria, compaiono ancora articoli che invitano a “non cadere nel panico”, visto che “se avete meno di 50 anni e non vivete in Cina, è più probabile che vinciate la lotteria di Capodanno che vi ammaliate di coronavirus”.

Ieri sera, però, lo stesso primo ministro ha annunciato i primi due casi nella capitale Sofia, che portano ora il totale dei malati confermati a sei. E già stamattina Yordanka Fandakova, sindaco di Sofia, ha dichiarato che si aspetta che la chiusura delle scuole venga prolungata almeno fino alla fine della settimana. Con il coronavirus, come già visto in Italia, la situazione e il clima potrebbero cambiare drasticamente nel giro di pochi giorni o settimane. E, purtroppo, quasi sicuramente non in meglio.


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