Una manifestazione a Kiev nel giugno 2018 in cui si chiedeva la liberazione di Oleg Sentsov - Polydeuces/Shutterstock

Una manifestazione a Kiev nel giugno 2018 in cui si chiedeva la liberazione di Oleg Sentsov - Polydeuces/Shutterstock

Il premio per i diritti umani del Parlamento europeo è stato assegnato al regista ucraino Oleg Sentsov, attualmente in un carcere russo in Siberia. Alla cerimonia era presente il nostro Nicola Falcinella

14/12/2018 -  Nicola Falcinella Strasburgo

Nel giorno del tragico attentato nel centro di Strasburgo, che ha colpito anche il giovane giornalista trentino Antonio Megalizzi, il Parlamento europeo ha consegnato il Premio Sacharov 2018 al regista ucraino Oleg Sentsov. Una cerimonia molto sentita, in un clima ancora più commosso per il fatto criminale da poco avvenuto: in segno di vicinanza alle vittime, il presidente Antonio Tajani, parlando di “una giornata triste per tutti” aveva fatto osservare all'aula un minuto di silenzio.

La consegna si è svolta in assenza del premiato, arrestato nel maggio 2014 dall'Fbs russo, l'erede del Kgb, e ancora oggi detenuto nella prigione di Labytnangi, nel nord della Siberia. A ritirare il riconoscimento, istituito nel 1988 e intitolato allo scienziato dissidente che subì un analogo destino in epoca sovietica, la cugina del premiato, Natalia Kaplan. La donna ha tracciato il profilo del regista e ha poi letto un suo messaggio, mentre i parlamentari avevano preparato cartelli con lo slogan “Free Oleg Sentsov” per chiederne la liberazione. Una richiesta che Tajani ha ribadito, estendendola a tutti i cittadini ucraini detenuti in Russia, “in un clima di rinnovata tensione tra Mosca e Ucraina dopo i recenti episodi del Mar d'Azov”. “Non si tratta solo di un premio, ma di un impegno che prendiamo con i vincitori: non siete soli, il Parlamento europeo resta sempre al vostro fianco”, ha aggiunto il presidente.

Nato nel 1976 a Simferopol, Sentsov ha studiato economia a Kiev, prima di dedicarsi al cinema e alla regia a Mosca. “Giovane sportivo, si appassionò di videogiochi, riuscendo con quelli a guadagnarsi da vivere molto presto – ha ricordato la cugina - in seguito ha cominciato a guardare sempre più film e a voler fare il regista. Per imparare ha girato il cortometraggio “A Perfect Day” con sua figlia protagonista. Da sempre ha mostrato di possedere un forte senso di giustizia. Nel 2011 è riuscito, autofinanziandosi e grazie soprattutto al suo entusiasmo contagioso, a realizzare il lungometraggio “Gámer” (Giocatore) con il quale si è fatto conoscere e rispettare nel mondo del cinema”. Il film racconta la storia, girata con stile iper-realistico nell'ambito di vere competizioni, di un ragazzo, Alex conosciuto come Koss, che diventa un campione nelle gare di videogiochi dove bisogna sparare.

“Oleg ha poi iniziato a preparare la sua seconda pellicola, dal titolo “Rhino” - ha proseguito Natalia Kaplan – e allo scoppio delle proteste di Maidan nel 2013 si è unito alle proteste come membro del movimento AutoMaidan, occupandosi della logistica e facendosi apprezzare per le capacità organizzative. Tornato in Crimea dove è nato, quando sono arrivati gli uomini in verde, ha aderito alla resistenza contro l'annessione da parte di Mosca, finché è stato arrestato. È la dimostrazione che la macchina della repressione in Crimea e in Russia funziona molto bene. Hanno cercato testimonianze contro di lui, minacciando e torturando persone. Oleg non si è fatto piegare, nonostante i pestaggi e le torture e il non poter incontrare i suoi avvocati. Non ha rinunciato alla cittadinanza ucraina, sostenendo di essere un cittadino e non un pezzo di terra che può passare da uno stato all'altro”. “Vogliono piegare il suo spirito, ma è un grande combattente – ha concluso la rappresentante di Sentsov - l'hanno trasferito in una delle prigioni più a nord del mondo, lontano da casa, per farlo cedere. Il 5 ottobre ha posto fine allo sciopero della fame iniziato a maggio, dopo 145 giorni. Una protesta che ha portato a un grave deterioramento delle sue condizioni di salute”.

“Con una parola si può salvare o condannare una persona” ha scritto Sentsov nel suo breve messaggio di ringraziamento. “Non importa quanto a lungo si vive, ma come si vive – ha scritto il regista ucraino. Le parole possono indicare a un popolo la strada della resistenza. La storia non dimentica: persone insultate o condannate in vita, acquisiscono una grande statura nella storia, come lo stesso Sacharov. Per questo è un onore immeritato, questo premio, perché Sacharov ha portato molto in alto l'asticella nella battaglia per i diritti umani. Spero di poter far qualcosa per meritarlo”.

Già lo scorso 14 giugno, il Parlamento europeo aveva adottato una risoluzione chiedendo il rilascio immediato e incondizionato di Sentsov e di tutti gli altri cittadini ucraini detenuti illegalmente in Russia. L'ex vincitore del Premio Sacharov, il Centro russo per i diritti umani "Memorial", ha riconosciuto Sentsov come prigioniero politico. Molti gruppi che si occupano di diritti umani e del mondo del cinema hanno chiesto il suo rilascio a Vladimir Putin, tra questi l'Accademy del cinema europeo. Tra gli appelli, da ricordare quello del regista russo Victor Kossakovsky, all'ultima Mostra di Venezia in occasione della presentazione del suo documentario “Aquarela”: “Non dimenticatelo!” aveva ammonito, commosso, il cineasta di San Pietroburgo.


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