Essere europei, una riflessione sul Nobel all'UE

12 ottobre 2012

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L’allargamento dell’Unione europea pareva non interessare più a nessuno. Non l’aveva menzionato nemmeno Barroso nel suo ultimo discorso all’Unione il 12 settembre. Senza dubbio, in un momento di crisi come quello che viviamo non è facile alzare lo sguardo.

L’assegnazione del Nobel per la pace all’UE ha il merito di rimettere il tema al centro. Come ricorda la motivazione al premio: il più importante risultato dell'Ue è stato il suo impegno coronato da successo per la pace, la riconciliazione e per la democrazia e i diritti umani in Europa.

Nel testo si fa riferimento agli ultimi 60 anni della storia europea mettendo in risalto le varie fasi dell'allargamento dell'Unione e ponendo l'accento su come questo abbia contribuito allo stabilimento di un'area di pace sul nostro continente.

Ahimè in questi decenni c'è stato anche dell'altro. La motivazione avrebbe dovuto citare le guerre degli anni ’90 nei Balcani e la ricorrenza dei 20 anni dal conflitto in Bosnia Erzegovina e ricordare cosa ci accade in Europa quando lasciamo campo libero alle politiche di potenza delle singole nazioni.

Giustamente il comitato per il Nobel ci ricorda dove siamo comunque arrivati: “L'ammissione della Croazia, il prossimo anno, l'apertura di negoziati con il Montenegro, e il riconoscimento dello status di candidato alla Serbia, sono passi per rafforzare il processo di riconciliazione nei Balcani.” E lo sguardo del Nobel non dimentica nemmeno come “Nell'ultimo decennio, la possibilità di una adesione della Turchia hanno fatto progredire la democrazia e i diritti umani nel Paese”.

Grazie al Comitato allora per averci invitato ad uscire dalla meschinità del nostro tempo ricordandoci la forza del progetto politico comune ed incoraggiando l’orgoglio di essere europei.


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