Srđan Cvijić

Srđan Cvijić

Insieme a Christine Hübner, Jan Eichhorn e Luuk Molthof il politologo Srđan Cvijić ha recentemente pubblicato un report che analizza il punto di vista francese sull’allargamento dell’Unione Europea nei Balcani occidentali. Lo abbiamo intervistato

26/04/2021 -  Antoine Laurent

Il punto di partenza della ricerca It’s the Eu, Not Western Balkans enlargement è stata la decisione nell’ottobre 2019 di Francia e Paesi Bassi di porre il veto all’apertura dei negoziati per l’ingresso nell’Unione europea dell’Albania e della Macedonia del Nord . I due paesi avevano ottenuto lo status di candidato rispettivamente nel 2014 e nel 2005. Questa decisione ha suscitato  incomprensione e indignazione nei Balcani occidentali e nell’Ue e ha spinto Cvijić e i suoi collaboratori a condurre un'accurata indagine fra la popolazione francese per comprendere meglio le ragioni che rendono impopolare l’allargamento dell’Ue ai Balcani occidentali.   

Da dove è nata l’idea di redigere un report di questo tipo? Perché si è concentrato sulla Francia?

Fin dal 2017-2018 la discussione riguardo all’allargamento dell’Ue nei Balcani occidentali ha interessato il dibattito politico in Francia. Nel 2019, durante una discussione radiofonica tra i candidati francesi in occasione delle ultime elezioni europee, la stragrande maggioranza di loro si pronunciò contro l’adesione della Serbia all’Ue. Questa “politicizzazione” del dibattito riguardo all’allargamento dell’Unione nei Balcani occidentali ha segnato una netta discontinuità con il passato, quando la regione non suscitava alcun interesse nella politica interna francese.

Durante un evento organizzato a Parigi dal portale francese Le Courrier des Balkans  esattamente due anni fa, politici francesi provenienti dal partito di maggioranza di Emmanuel Macron La République en marche ci dissero che nella corsa per le elezioni del Parlamento europeo non avrebbero apprezzato l’idea di essere visti come sostenitori dell’allargamento, in quanto ciò avrebbe leso la loro popolarità.

Incuriositi da queste discussioni, scoprimmo che nessun partito politico francese aveva condotto specifici sondaggi riguardo l’allargamento dell’Ue nei Balcani occidentali. Ciò che loro consultavano era ciò che già avevamo tutti: i sondaggi di Eurobarometro e altri molto generali, in cui viene semplicemente chiesto alle persone se sono a favore dell’ingresso nell’UE dei Balcani occidentali o di un paese specifico, o domande simili. Se teniamo in conto che i partiti politici non farebbero mai campagna elettorale riguardo a questioni di politica interna affidandosi a sondaggi così superficiali, all’opposto sembra che stiano facendo esattamente così riguardo all’allargamento dell’Unione nei Balcani occidentali. Quindi, visto che il governo francese e i partiti politici basano le loro campagne elettorali su sondaggi poco attendibili, abbiamo deciso di condurre una ricerca specifica sull’argomento.

Come è stato percepito in Serbia il blocco francese ai negoziati con la Macedonia del Nord e l’Albania?

Dipende davvero dalla persona con cui parli. Da una parte, il regime in Serbia e la stampa popolare hanno usato il blocco francese per sottolineare come l’Unione Europea sarebbe contraria all’ingresso della Serbia, indipendentemente da cosa il paese riesca a fare per raggiungere questo obiettivo, giustificando così la loro stessa deriva antidemocratica e il fallimento nel non essere riusciti ad aprire alcun nuovo capitolo negoziale con l’Ue.

Dall’altra parte, il fronte progressista e fortemente europeista della società serba è diventato ancora più pessimista. Per queste persone, una decisione di tal genere ha confermato la politica definita come “stabilitocrazia”, che incarna la tendenza dell’Ue e dei suoi stati membri a sacrificare i principi democratici nei Balcani occidentali a favore di una stabilità geopolitica ed economica.

Perciò sembra che il governo francese abbia scelto di favorire lo status quo nella regione, piuttosto che rischiare una perdita di popolarità nello scenario nazionale, anche se i due paesi candidati hanno già raggiunto una serie di compromessi per allinearsi alle richieste degli stati membri; uno dei più eclatanti è stata la decisione del primo ministro Zoran Zaev di cambiare il nome della Macedonia – che è diventata Macedonia del nord – con l’intento di risolvere la vecchia disputa con la Grecia.

Visto che stiamo parlando di elezioni mi si lasci ricordare come nel 2009 – l’anno della liberalizzazione dei visti per Serbia, Montenegro e successivamente per la Repubblica di Macedonia – circa il 70% dei serbi fosse a favore dell’ingresso del paese nell’Ue; questa percentuale oggi si attesta attorno al 50%, a volte anche meno.

Potrebbe delineare le ragioni alla base dell’opposizione francese che sono emerse nel suo report?  Crede ci possa essere un collegamento con la mancanza d’informazione sulle questioni inerenti l’allargamento?

Negli anni recenti, i cittadini francesi si sono costantemente opposti all’ingresso nell’Ue dei Balcani occidentali, con una maggioranza pari al 58%. Questo vale anche per Austria e Germania, dove, secondo i dati dell’Eurobarometro del 2019, il 57% degli intervistati si è detta contraria  all’integrazione nell’Ue di questi paesi.

Tuttavia, nonostante i sondaggi, i governi della Germania e dell’Austria sono a favore dell’allargamento, a differenza del governo francese che rimane scettico.

Peraltro, nonostante una grande opposizione, vorrei ricordare che l’ingresso dei Balcani occidentali nell’Ue rimane una questione secondaria per la maggior parte della popolazione francese. Solamente il 22% dei francesi ritiene infatti la questione primaria e si oppongono all’allargamento dell’Unione Europea nella regione.

Perciò, per andare a fondo rispetto alla contrarietà francese occorre tenere in considerazione la loro scarsa conoscenza verso la regione e rispetto al processo decisionale dell’Ue. Per esempio, solamente il 38% dei francesi era a conoscenza del fatto che la decisione della Francia non può essere scavalcata quando si esprime riguardo all’ingresso di un nuovo membro in Europa. Questo significa che il 62% degli intervistati non sapeva nemmeno che la Francia ha un potere di veto; potere che è stato esercitato nel 2019 quando il paese si è opposto all’apertura dei negoziati con l’Albania e la Macedonia del Nord.

Inoltre è estremamente minoritaria quella parte di  francesi che si dichiara fortemente a favore dell’Europa e allo stesso tempo contraria all’allargamento. Alcuni rappresentanti del governo francese però, supponendo che questa base elettorale sia più grande, hanno deciso di evidenziare il fatto che la Francia si oppone all’ingresso nell’Unione Europea di paesi con governi populisti, insinuando che qualche partito di maggioranza nei Balcani occidentali possa essere paragonato al polacco PIS o all’ungherese Fidesz.

Ciò che è vero, tuttavia, è che esiste una diretta correlazione fra l’opposizione agli allargamenti del 2004, 2007 e, in una certa misura, 2013 e quella rispetto al futuro allargamento dell’Ue nei Balcani occidentali. Per farla breve, i francesi che si dicevano contrari ai precedenti allargamenti sono a loro volta scettici riguardo a nuovi ingressi dei paesi della regione balcanica nell’Ue.

Secondo la sua ricerca la maggior parte dei francesi si oppone all’allargamento dell’Unione Europea nei Balcani occidentali perché preoccupata riguardo allo stato attuale dell’Unione e perché non si sente sufficientemente rappresentata, a livello sia europeo sia nazionale. Lei ritiene che il ricordo dell’adozione del trattato di Lisbona  nel 2007, nonostante la contrarietà al trattato sulla Costituzione europea  espressa da Francia e Paesi Bassi (2005), possa contribuire a spiegare questo sentimento di sfiducia?

In effetti questo evento ha probabilmente amplificato la diffusione dell’euroscetticismo. Uno dei partecipanti nel nostro gruppo di lavoro a Lione ha per l'appunto sottolineato come l’approvazione del trattato di Lisbona, nonostante il rifiuto al trattato della Costituzione europea, sia una delle ragioni che spiega la mancanza di fiducia nei confronti del progetto europeo da parte francese e, di conseguenza, l’opposizione all’ingresso dei Balcani occidentali nell’Ue.

È curioso che lei abbia menzionato il 2005, perché nella campagna elettorale per il voto sulla Costituzione europea, precisamente per ottenere il voto dell’elettorato di destra, i politici francesi dell’epoca decisero di modificare la Costituzione, in modo tale che fosse necessario organizzare un referendum per approvare l’ingresso nell’Ue di ogni nuovo membro. Fu subito chiaro che questa proposta era indirizzata alla Turchia, o piuttosto all’evidente contrarietà della popolazione nell’accettare la Turchia nell’Ue.

Nel 2008, consapevole che questa modifica della Costituzione avrebbe reso veramente difficile l’ingresso di un nuovo stato membro nell’Ue e per facilitare l’ingresso della Croazia nell’Ue  il parlamento francese adottò una nuova riforma, rendendo possibile la ratifica del trattato di adesione di un nuovo Stato membro dell’Ue a patto che i 3/5 del parlamento si esprimano positivamente, bypassando così il referendum. Ma nonostante questo passo avanti, la strada è ancora lunga.

Lei ha sottolineato come l’integrazione degli stati dei Balcani occidentali viene in realtà percepita come un vantaggio geopolitico da molti elettori francesi. Crede che questo sia legato al tradizionale pensiero francese in termini di difesa e politica estera – pensiero che consiste nel favorire un approccio europeo indipendente, più autonomo nei confronti degli Stati Uniti?

Addirittura il 43% dei partecipanti ai nostri lavori di gruppo ha cambiato la sua idea sull’ingresso nell’Ue dei Balcani occidentali quando gli è stata mostrata la mappa dell’Europa, dove si nota come la regione sia un’isola all’interno del cortile europeo. Mi lasci ricordare che durante tutti i lavori di gruppo, incluso quello con i più fervidi oppositori all’allargamento, i partecipanti hanno notato come l’integrazione dei paesi dei Balcani occidentali all’interno dell’Ue porterebbe un vantaggio geopolitico alla Francia.

Sebbene resti difficile capire esattamente perché una grande maggioranza di francesi – anche quelli scettici nei confronti dell’ingresso dei Balcani occidentali nell’Ue – sia convinto che incorporare la regione nell’Ue sarebbe un vantaggio per la Francia, qualcuno potrebbe ipotizzare che la tradizionale indipendente politica estera gollista abbia qualcosa a che fare con tutto ciò.  La narrazione del presidente Macron riguardo “l’autonomia strategica ” gioca un ruolo nella politica interna francese al di là del suo significato geopolitico, e credo che lo schiacciante cambiamento d’animo nei confronti dell’ingresso dei Balcani occidentali se la questione viene contestualizzata e ai francesi viene mostrata una mappa, sia in qualche modo collegato con questo pensiero.

Tuttavia questa è solo un’intuizione e dovremmo fare una ricerca più approfondita per verificare una diretta correlazione. Però mostra chiaramente come l’ingresso dei Balcani occidentali nell’Ue non sia un obiettivo impossibile nel caso il governo francese e il parlamento sostengono la questione in futuro.

Nel lungo periodo, crede che lo sviluppo di corsi obbligatori di educazione civica dedicati alle funzioni dell’Ue in ogni stato membro possa essere un modo per ristabilire la fiducia verso le istituzioni europee?

Assolutamente sì. Come ho detto, gli elettori francesi sono fortemente disinformati rispetto al funzionamento dell’Unione europea. Durante un grande evento a Bruxelles, forse due anni fa, stavo discutendo con un rappresentante francese dei Gilet Gialli che stava giustificando il rifiuto del movimento nel candidarsi alle elezioni del Parlamento europeo. Lui elencò le loro priorità, sostenendo che, ad ogni livello, il Parlamento europeo non ha un potere decisionale nelle politiche di loro interesse, come per esempio l’agricoltura. Si sbagliava su qualunque argomento menzionasse… nella nostra ricerca, come ho già detto, solo il 38% dei francesi era a conoscenza del fatto che la Francia ha un potere di veto per bloccare l’ingresso nell’Ue dei paesi candidati.


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