tradizione tribale

Già alla fine dell'800 le aspirazioni grandalbanesi si trasformarono in una rivolta caotica della popolazione. La loro arma principale erano gli omicidi, le esecuzioni, la diffusione della paura, della violenza e dell'odio contro le altre nazioni dei Balcani viste come i principali colpevoli della loro stessa mancanza di libertà e disunione. Le altre nazioni della regione avevano una connotazione molto negativa del nemico, considerando la sua provenienza bandito-terrorista e razzista. Proprio a causa di questi metodi e delle usurpazioni, queste rivolte non hanno mai avuto un carattere nazionale, e hanno catturato solo una parte della popolazione albanese in Kosovo e Metohija. Soffocato dalla dittatura militare dei Karadjordjevic, il nazionalismo grandalbanese è riesploso durante la seconda guerra mondiale grazie alla collaborazione col fascismo, che ne ha sfruttato i connotati violenti e tribali. Paradossalmente è stata proprio la Serbia, o meglio la Jugoslavia, a favorire l’emergere di una classe politica e intellettuale albanese, ritenuta necessaria per la stabilità dell’intera regione balcanica. Quando il tentativo è fallito si è tornati al vandalismo, alla clandestinità, all’estremismo, al terrorismo.