raccontare Jasenovac

E difficile raccontare Jasenovac, per chi lo conosce bene. E dificile uscirne sani di mente dopo aver visto, letto e sentito.
Io evevo una amica. Si chiamava Visnja. Era di Vrgin Most (Krajina croata, uno dei 22 luoghi di sterminio). Era venuta a Belgrado per studiare. Mi ha raccontato la tragedia della sua famiglia e di come gli ustascia sulla porta di casa ucisero tutti quanti tranne sua nonna e sua madre, allora bambina che casualmente erano nello scantinato dove stavano zitte, zitte, e dove la nonna ha chiuso la bocca alla bambina per non farla urlare mentre lei sterssa si mordeva la lingua nel vedere la barbarie, vedere il figlio piccolo lanciare in aria e aspettarlo sulla baionetta, altri figli, marito. Un giorno venne la nonna di Visnja a trovarla a Belgrado (non vi era ancora la guerra), ed io, dopo averle detto che Visnja mi aveva raccontato la sua storia, le chiesi:
"Lei ha perdonato?" La nonna mi rispose, guardando Visnja con adorazione: "Dovevo. Avevo una figlia. Ho una nipote. Noi lì dobbiamo vivere. Ma non dimenticherò mai"
Dopo qualche tempo la nonna morì. Per fortuna. Dopo qualche anno, i serbi di Krajina furono tutti scacciati e quelli che non hanno voluto andarsene perchè vecchi furono uccisi sulla soglia di casa. Visnja non aveva più una casa dove tornare e andò in Australia dove fa il medico ora.
Si può tentare di raccontare Jasenovac anche con il silenzio, a volte il silenzio è più pesante di qualunque rumore. Come Luca Zanoni con le fotografie.