Nikola (2)

Usci', vomitato, il latte materno dalle labbra di Nikola e bagno' i maglioni e le mani degli uomini dei boschi, bianco liquido, Cassandra di uno rosso scuro che avrebbe presto preso il suo posto su esseri ignari che iniziavano, quel giorno, un nuovo lavoro ove avrebbero insegnato alle loro scuri che non esistono solo alberi su cui abbattersi.
Nelle settimane seguenti, per molti, andare dal fornaio e chiedere due filoni di Kruh** significo' la morte. Nelle settimane seguenti gli scoiattoli dei boschi videro l'uomo fuggire, occhi sbarrati e fagotti in mano, attraverso i sentieri natii. Zdenka, la levatrice, non fuggi' o non fece in tempo: aveva fatto nascere, sedici anni prima, quella mano che premette il grilletto, quel cervello che riteneva di essere nel giusto lasciare alle volpi ed ai cani randagi la carne di un nemico. Nikola non sapeva nulla, ne' di essere il figlio di una croata e di un serbo, ne' della Morte che raccoglieva umani funghi tra le case dei boschi, tra il muschio che cresceva, verde scuro, di terrore odorante urina e sudore e sangue rappreso. Le stagioni giocarono piu' volte tra le ossa, nei boschi, e, d'agosto, venne il giorno in cui (Nikola aveva quattro anni), subito dopo la festa di S. Giovanni, Oluja*** cavalco' accanto ai Quattro Cavalieri tra i sentieri dei boschi. Erano i giorni in cui dire Hleb**** significo' la morte. (segue)